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L’ospite inglese della vecchia

All’affittacamere della vecchia soggiorna un signore di 92 anni. Viene dall’Inghilterra, viaggia da solo, è qui da una settimana e ripartirà alla fine della prossima.
Pensare al numero di cose che io, a quarant’anni, ho paura di fare da sola, mi fa sentire idiota.
L’ospite inglese della vecchia esce ogni mattina alle 10:30 in punto, con panciotto e bastone, impeccabile, inglese; ogni mattina la saluta con un sorriso, che lei ricambia sfoderando l’unica cosa che sappia dire in una lingua a lui comprensibile: “good journey”, che pensa significhi “buona giornata”.
La vecchia è molto in apprensione per quest’ospite, che teme possa restarci secco nel sonno o su per qualche salita delle Cinque Terre.
“La vecchia” è un appellativo di comodo, perché in realtà ha soltanto sessant’anni: in pratica ha l’età giusta per diventare una mia fidanzata più di certe giovanotte che sogno segretamente di conquistare. Che peccatone che sia già “felicemente sposata con un uomo italiano” (cit.) e dedita al culto del cuore immacolato di Maria.

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