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I turisti presumibilmente cinesi

Mi sveglio affamata e scopro che le uniche cose commestibili in casa sono un pacco di spaghetti mezzo finito e qualche scatola di fagioli. Per quanto non avrei troppi problemi ad iniziare la giornata con una colazione in stile Bud Spencer, l’idea della sbatta di cucinare supera quella di mettersi un paio di braghe, scrostarsi gli occhi alla bella e meglio e andare in cerca di qualcosa di più appropriato all’orario. Del resto la bilancia dice che la birra che non ho bevuto ieri mi ha fatto perdere ben trenta grammi, dunque me la sono meritata una pastazza zozza delle Dolci Magie.
Nell’androne del palazzo incontro una coppia di turisti, presumibilmente cinesi, fermi di fronte al portone come se stessero cercando di ricordare la parola d’ordine per farlo aprire. Poi l’esemplare di sesso maschile sembra avere un’illuminazione e comincia a frugarsi nel marsupio, probabilmente in cerca delle chiavi, mentre la femmina lo guarda speranzosa.
Vorrei aspettare per vedere come va a finire, ma rischiamo di stare lì finché non diventa l’ora giusta per la pasta e fagioli, quindi mi faccio avanti con un colpo di tosse e un “sorry” e allungo il dito sul bottone magico: quando il ponte levatoio si apre, mi guardano strabiliati senza riuscire a trattenere un “oooohhhh” di sorpresa, ammirazione e riconoscenza: sono finalmente liberi, salvi.
E io, che mi ero svegliata sentendomi una mentecatta, mi ritrovo a camminare per strada come Jim Carrey in Una Settimana da Dio, sorridendo e bullandomi come se non fossi la sbulinatona che sono, mentre il tizio con la pianolina davanti a Mister Molini suona “I’ve got the power”.

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