Dal punto panoramico di Montemarcello c’è una vista che se non ci sei abituato rischi che ti si spezzi il cuore. Se lo sei, invece, ti si spezza di sicuro. Nella mia personale classifica dei luoghi più belli del mondo, è senza dubbio al primo posto. Si potrebbe obiettare che non è che ne abbia visto poi molto, io, di mondo. Ma in fondo anche le nostre persone preferite, quelle a cui giuriamo che con nessun altro vorremmo passare la vita, le scegliamo fra una cerchia piuttosto ristretta di esseri umani, rispetto al totale della popolazione terrestre.
Al punto panoramico di Montemarcello, certe sere d’estate, non c’è un posto libero in cui sedersi a guardare il tramonto, come allo stadio durante la finale dei Mondiali, o al cinema il primo giorno di uscita del filmone coi controcazzi che determinerà il trend dei travestimenti carnevaleschi per l’annata in corso.
Nelle stagioni più fredde è più facile riuscire a godersi lo spettacolo in quasi totale solitudine, oppure, se si è fortunati, in compagnia dei tre gatti randagi che abitano la zona. Di loro si occupa un signore, con cui scambio spesso qualche parola. Mi ha raccontato che una volta erano tredici, poi alcuni sono stati adottati e altri sono morti. Ogni giorno porta loro pesce bollito e croccantini e si assicura che ingrassino abbastanza da sopravvivere all’inverno, perché ha imparato da un documentario che col freddo il corpo brucia di più.
Dice di essere solo e che questa cosa dei gatti lo tiene impegnato; lo ripete spesso, come se volesse che gli si chiedesse di parlarne. Io mi limito a fargli notare che in fondo è in ottima compagnia, i gatti sembrano volergli bene, e poi il posto non è dei peggiori. Gli racconto che vado lì da quando sono bambina e concordiamo sul fatto che quella vista non stanchi mai e che non esista un giorno che sia uguale a quello prima. Mi indica lo squarcio fra le nuvole grigie da cui filtra con prepotenza il sole, creando un riflesso incandescente sul mare: lo chiama “il faro”, dice che è raro.
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