Non starò qui a raccontare del perché ho iniziato ad andare in bici, di come la fine di una relazione mi avesse ridotta ad un’adolescente appena abbandonata dal tipetto con cui limonava da due settimane, che passa le giornate a disperarsi in cameretta ascoltando canzoni tristone e rileggendo i messaggi su WhatsApp, incapace di credere a chiunque provi a dirle che ne uscirà viva.
Non lo racconterò perché sarebbe tedioso anche per il più sfegatato dei fan di Cioè o di Ambra Angiolini ai tempi di Non è la Rai, ma anche perché io di anni ne avevo 34, e a 34, raga, c’è gente che gli adolescenti ce li ha come figli.
Perciò dirò solo che, citando un pezzo dei Do Nascimiento, “in certi giorni è solo la bici a darmi tregua”.
Il bello di lasciarsi in primavera e vivere in una città di mare è che hai un sacco di opzioni in più per impiegare quel tempo che non passa mai, per tentare di gestire quella sensazione di casa che ti brucia sotto al culo, quella smania di fare di tutto pur di non rimanere da solo coi pensieri, le malinconie e quella gran rottura di minchia che sono i ricordi. Opzioni tipo andare al mare, andare a pranzo al mare, andare a bere al mare, andare a buttarsi in mare da una scogliera altissima, andare al mare in bici.
E così un giorno ho preso il mio biciclettone da nonno – che fino ad allora stazionava in camera da letto con la sola funzione di attaccapanni – mi sono vestita come se stessi uscendo a far pisciare il cane e ho pedalato fino a Lerici: da Spezia, una ventina di chilometri fra andare e tornare, praticamente piani, a parte un paio di strappetti di poche centinaia di metri che per me erano come scalare lo Stelvio.
Un’impresa a dir poco eroica.
Credo sia stato un po’ come quando i maschi di mezza età divorziano e si comprano l’auto da bomber o si iscrivono in palestra per poi passare l’estate in spiaggia a mostrare i petti alle giovanotte.
Intendo quel meccanismo per cui in determinati momenti della vita, anziché andarci a buttare dalla scogliera altissima di cui sopra, ci inventiamo qualcosa che ci restituisca quel po’ di amor proprio che ci faccia guardare nello specchio e dire: porca puttana, sai cosa? Sono un figo.
Non mi viene in mente uno stereotipo corrispondente per le donne di mezza età, categoria alla quale ho peraltro recentemente scoperto, con rassegnato disappunto, di appartenere: al telegiornale davano una notizia del tipo “donna di mezza età trovata morta male; aveva 40 anni”. Merda.