Ieri mentre contemplavo quest’installazione artistica, cercando di dare un senso alla presenza di una lavatrice sul Parodi (toh, almeno so dove appoggiare la bici mentre mi metto il giacchetto), mi si è avvicinato un tizio a piedi, che dalla faccia sdegnata per un attimo ho pensato che credesse ce l’avessi portata io, lì, quella lavatrice. In bici, comodamente, caricandomela in groppa.
Se solitamente sono restia alle interazioni con gli altri esseri umani, ci sono circostanze in cui mi vengono stranamente naturali, come quando sono da sola in cima a un monte. Vai a sapere, sarà una specie di sentimento di solidarietà fra amanti dell’aria aperta. Chissà con quanti ho scambiato amabili chiacchiere in mezzo al nulla, per poi magari insultarci nel traffico cittadino da dentro le nostre auto, resi irriconoscibili dal cambio di scenografia, di outfit e di umore.
Mentre il tizio mi parlava, sprovvisto come me di mascherina, misuravo a occhio la distanza fra la sua faccia e la mia, e un allarme mi suonava nella testa: attenzione, attenzione, 99 centimetri, pericolo, indietreggiare. Ma quanto è scortese indietreggiare mentre uno ti parla? Tanto quanto non fare neanche una carezza alla sua cana buffa, vaporosa e sorridente, che mi annusava la mano, perché oddio, sei pazza? Non potrai lavarti le mani mai più, poi ti tocchi la faccia e muori!
Oh, mi sono sentita una persona orrenda. Mentre quelli che smollano gli elettrodomestici per strada me li immagino: contano i tornanti, individuano il punto esatto, tirano il freno a mano, si guardano intorno, scaricano affannosamente il rifiuto ingombrante e ripartono sgasando nel silenzio della notte. Soddisfatti e leggeri come dopo aver fatto una cacata epica.
E il pensiero di essere persone orrende non li sfiora, manco per un minuto, manco per il cazzo.
