Chiusa una porta, si apre un portone. Rotto il portone, ce ne mettono uno posticcio di compensato, più basso di quello originale, che lascia entrare la luce sulle scale di quell’androne solitamente buio come l’inferno. E allora dici minchia, nel portone nuovo ci voglio un bel finestrone nella parte superiore che illumini a giorno sta caverna di ingresso, che non costringa gli ospiti degli affittacamere ad imparare qual è l’interruttore della luce e quale quello per uscire dal palazzo, che non ci faccia inciampare nelle cartacce e nei mozziconi di sigaro che gettiamo a terra perché deh, la pulizia delle scale due volte a settimana cosa la paghiamo a fare.
E invece no, frè, ci dovevi pensare prima, ormai ti puppi sto portonone spesso e cupo uguale a quello di prima, ma che tranqui, vedrai, ti farà sentire a casa.
E questo, fanti, è tutto quello che so sui serramenti, sulla vita e sull’amore.