– Framura –
C’ho in testa una canzone.
La canticchio, ribadisco il ritornello, in silenzio, sotto la mascherina, nella mia testa, sparo acuti che ciao.
– Bonassola –
C’ho in testa una canzone, e mica ci faccio caso a quale.
– Levanto –
Merda.
C’ho in testa una canzone e non vorrei ma non c’è verso. Non la copre il rumore del treno, né la musica da discoteca proveniente dal vagone accanto, né le chiacchiere dell’uomo borioso che va a caccia di non so che cazzo di marmi non so dove cazzo,
– Monterosso –
della tizia che vuole andare ad Alassio fortissimo, tanto da ripeterlo al fidanzato decine di volte, che alla fine ci viene fuori un’altra canzone, che però non copre la canzone di prima: “voglio andare ad Alassio – ho trovato un marmo che bla bla bla nel fondo di un fiume – voglio andare ad Alassio – e bla bla bla – voglio andare Alassio”, e sotto sta musica che tunz tunz tunz, ma che poi che minchia c’è ad Alassio?
– Vernazza –
C’ho in testa una canzone e ti ricordi quella volta che
– Corniglia –
era il mio compleanno, eravamo qui, nessuno voleva starci ma era il mio compleanno e
– Manarola –
Possiamo scendere qui e ubriacarci tantissimo?
– Riomaggiore –
Possiamo scendere qui come quando stavo malissimo e ho detto “Dio ti prego dammi un segno qualsiasi” e ho visto quella tipa là che mi ha fatto dire “oh, Dio, certo che ci sai fare quando ti ci metti eh”?
– Spezia –
C’ho in testa una canzone, e non la coprono le birre, né le ore che passano, né il tramonto, né la lava via la doccia, né me la scordo col sonno, sta canzone maledettissima, che se potessi gliela farei cantare altre diecimila volte, nel mio letto, blu come la tristezza.