Stamattina mi sono svegliata con in testa quella canzone che fa “Matilda, Matilda”, quella che parla di sta tizia che fotte cinquecento soldi al tizio e se ne scappa in Venezuela, e allora al lavoro mentre pulivo le camere la fischiettavo piano, e mentre lavavo i balconi la fischiettavo un po’ più forte e poi giù a strusciare i pavimenti cantando il ritornello, e nelle pause pure la capa senza neanche rendersi conto fischiettava Matilda, e io le andavo dietro, e allora di nuovo a cantare il ritornello mentre spolvero le porte, e quelli della stanza Manarola rientrano e io sono lì gasatissima che “everybody!” e allora loro “Matilda, Matilda”, e poi quelli di Vernazza escono per andare al mare e siamo già tutti in corridoio a fare il trenino e si uniscono pure le dominicane dell’appartamento di fronte e “Matilda, Matilda” e poi giù in strada, su via Fiume, fino in piazza Garibaldi, su per le scale del palazzo con tutti i condomini, la lavascale e il corriere GLS col mio pacco di marmellate Rigoni gusto fichi, e ora niente, siamo tutti qua nel mio salotto a cantare Matilda, vi prego qualcuno venga a spararci nella testa, mi raccomando mettete i tappi se no siete fottuti, l’umanità tutta sarà fottuta ma prima “once again now! Matilda, Matilda, Matilda, na na na na na na na Venezuelaaaaa”.